“Alla mia età non posso fare niente per cambiare”…ma è proprio vero?
L’Italia è uno dei paesi europei in cui l’indice di anzianità è più alto, attestandosi a 165,3%, con il 22% della popolazione che ha superato i 65 anni. Sebbene al giorno d’oggi la visione dell’invecchiamento di sta modificando, e le persone sono sempre più in salute anche in tarda età, è innegabile che nel corso dell’invecchiamento si diventi più vulnerabili. Tale vulnerabilità è dovuta a importanti modificazioni biolgiche, sociali e psicologiche che aumentano la probabilità per la persona anziana di sviluppare condizioni polipatologiche, in particolare a carattere cronico-degenerativo, e alla manifestazione di quadri psicopatologici, quali depressione, disturbi d’ansia, sintomi somatici.
Per esempio negli ultrasessantacinquenni l’incidenza della depressione è molto alta, e si attesta al 20% tra coloro che risiedono a domicilio, per salire al 30% tra gli anziani ricoverati in ospedale e addirittura al 45% tra gli ospiti delle RSA. Se i giovani hanno davanti a sé un futuro da costruire e, chi più chi meno, un’ampia gamma di possibilità da vivere, l’anziano si trova spesso a fare i conti con una diminuzione, biologica, del tempo a propria disposizione nella vita e, soprattutto, con un restringimento delle possibilità d’azione nel mondo.
Quali temi critici nell’anziano?
Per esempio, è frequente che le persone anziane vivano delle esperienze di perdita di vario tipo: di persone care (lutti), del proprio ruolo sociale (pensionamento) della funzionalità fisica e della propria indipendenza (difficoltà motorie, perdita della patente di guida). Altri temi tipici possono essere quelli legati al presentarsi di condizioni patologiche e al caregiving, più frequenti nel corso del procedere dell’arco di vita.
Spesso le manifestazioni psicopatologiche della terza età si differenziano da quelle che esordiscono più precocemente nell’arco di vita. Negli stati depressivi, per esempio, sono maggiormente presenti sintomi quali agitazione, disturbi gastrointestinali, affaticamento, alterazioni cognitive, preoccupazioni relative alla disabilità, alla malattia e alla morte. Altra complicazione che interviene nel processo diagnostico è riferita all’imponente componente somatica, che spesso si sovrappone alla sintomatologia riferita a patologie in comorbidità. Specifica attenzione poi andrebbe posta al presentarsi di problematiche cognitive, in particolare riferite alle abilità mnesiche e attentive, che spesso possono essere legate alla presenza di stati ansiosi o depressivi piuttosto che all’insorgenza di disturbi neurodegenerativi a carattere dementigeno.
Quando viene proposto un percorso psicologico a una persona anziana, accade spesso, però, di sentire la frase: “Ma alla mia età, cosa vuole che possa cambiare!”, come se si desse per scontato che l’invecchiamento porti con sé una sorta di immutabilità. In realtà, a prescindere dall’approccio psicoterapeutico adottato, molteplici sono le evidenze dell’efficacia del sostegno psicologico in età avanzata. Tale efficacia sembra essere intrinsecamente legata alla costruzione di uno spazio di cura individualizzato sui bisogni della persona e sulle peculiarità culturali presenti negli individui anziani. Tutto ciò può consentire alla persona di aprire nuovi spazi di esperienza, allargando di fatto le proprie possibilità d’azione nel mondo. Per esempio, diventa essenziale valorizzare le storie personali, i rapporti con i nipoti e la frequentazione di realtà che possano rendere le tematiche da critiche a utili.
Come promuovere una cura psicologica nell’anziano?
Per far fronte all’effettiva aumentata vulnerabilità dell’invecchiamento, di primaria importanza appare l’implementazione di interventi preventivi, come campagne di formazione/informazione territoriali, volti alla promozione della salute e del benessere degli anziani, soprattutto presso strutture che raccolgono soggetti ad alto rischio, quali ospedali e case di riposo.
Rimane tuttavia una cultura dominante in cui sono presenti parecchi falsi miti sull’invecchiamento. Eccone qualcuno:
- Invecchiare vuol dire perdere abilità
- È normale che una persona anziana sia depressa
- La psicoterapia è inefficace durante la terza età
Per poter permettere alle persone anziane di accedere alla cura non solo medica, ma anche psicologica, è di primaria importanza promuovere una nuova visione dell’invecchiamento, in cui la terza età sia vista come un momento di cambiamento, sì, ma che porta con sé un’evoluzione in cui la salute, sia fisica che psichica, non solo è possibile ma anche e soprattutto molto frequente.
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