Nella seconda metà dell’800, l’isteria era considerato il disturbo nevrotico più comune tra le donne (Micale, 1993) ma oggi non possiamo dire la stessa cosa. Le forme drammatiche, convulsive e polisintomatiche osservate da Charcot e da Fredu oggi sono considerate delle vere e proprie rarità.
La paralisi psicogena, uno dei sintomi più emblematici dell’isteria ottocentesca, diventò gradualmente sempre più rara. Tra il 1969 e il 1976 all’Istituto Psichiatrico di Toronto furono diagnosticati solo 31 casi di “nuerosi isterica” e di questi solo 9 mostravano paralisi.
L’isteria oggi si declina per lo più in forme patologiche come la depressione, malattie psicosomatiche o alterazioni del carattere (Galimberti, 1990). Si è assistito a una progressiva scomparsa del sintomo isterico tradizionale, ma non della ragione intrinseca per cui questo si manifestava.
L’isteria, dunque, è da intendersi oggi come un linguaggio particolare piuttosto che una patologia in grado di veicolare messaggi senza passare dal canale verbale.
La scomparsa dell’isteria così come intesa da Freud viene attribuita al mutamento dei fattori psicologici, sociali e culturali di un’epoca storica passata. Pensiamo solo a come sono cambiate negli anni le condizioni delle donne all’interno della società e l’approccio alla sessualità.
Il termine isteria oggi è sopravvissuto nel linguaggio comune come insulto sessista utilizzato nei confronti di chi si mostra irascibile o in preda alle emozioni.