La recente Giornata Mondiale Alzheimer ci ha dato modo di riflettere su questa patologia e sulle informazioni che secondo noi sono importanti da sapere e conoscere su di essa.

L’articolo di oggi, quindi, vuole riassumere tutte le notizie sulla Malattia di Alzheimer che abbiamo condiviso recentemente.

 

 

Che cos’è la demenza?

 

Le forme di demenza sono una delle patologie più dilaganti nella nostra epoca, complice l’allungamento dell’aspettativa di vita, che determina un aumento della popolazione anziana. Solo in Italia, le persone con più di 65 anni che soffrono di demenza sono 1,2 milioni. E 3 milioni sono i familiari caregiver coinvolti nell’assistenza.

Per “demenza” si intende una sindrome che causa molteplici difficoltà nel funzionamento cognitivo e comportamentale, tali da interferire con il funzionamento quotidiano della persona.

Nelle fasi iniziali si assiste al deterioramento delle funzioni relazionali più complesse nelle quali è maggiore la competenza cognitiva (sono le cosiddette funzioni strumentali, quali gestire le finanze, utilizzare i mezzi di trasporto e di comunicazione, gestire la casa ed i farmaci) e con la progressione della patologia vengono compromesse anche le attività quotidiane di base (igiene personale, abbigliamento, bagno e mobilità, continenza).

Ai sintomi che riguardano le funzioni cognitive si accompagnano quasi sempre alterazioni della personalità e del comportamento che possono essere comunque di entità piuttosto varia nel singolo paziente.

La forma più frequente di demenza è la famosa Malattia di Alzheimer, che è definita una demenza primaria, cioè è causata da una degenerazione cerebrale a livello corticale o sottocorticale. Altre forme frequenti di demenza sono la Demenza Frontotemporale, la Demenza Vascolare, la Demenza ai Corpi di Lewy, la  Demenza Mista (Alzheiemr + Vascolare).

La Malattia di Alzheimer, si caratterizza per un progressivo deterioramento cognitivo a esordio insidioso, in assenza di un quadro neurologico specifico.  I sintomi devono essere presenti in almeno due domini tra memoria, linguaggio . abilità attentivo-esecutive. Sono concomitanti (secondo alcune ipotesi addirittura precursori) i disturbi emotivi.

 

 

I 10 campanelli d’allarme secondo l’Alzheimer Association

 

Ad oggi non esiste cura per i malati di demenza, ma sicuramente scoprire per tempo i sintomi e iniziare ad agire precocemente può aiutare tantissimo nel migliorare la progressione della patologia, sia dal punto della persona sia da quello dei familiari.

Ma quali sono i primi segni e sintomi, quelli a cui bisogna fare attenzione e andare a fare un controllo?

Ecco i 10 più comuni secondo l’Alzheimer’s Association e come distinguerli dai cambiamenti normali che possono insorgere con l’età.

 

  1. La perdita di memoria che sconvolge la vita quotidiana
  2. Sfide nella programmazione o nella soluzione dei problemi
  3. Difficoltà nel completare gli impegni famigliari a casa, al lavoro o nel tempo libero
  4. Confusione con tempi o luoghi
  5. Difficoltà a capire le immagini visive e i rapporti spaziali
  6. Nuovi problemi con le parole nel parlare o nello scrivere
  7. Non trovare le cose e perdere la capacità di ripercorrere i propri passi
  8. Ridotta o scarsa capacità di giudizio
  9. Ritiro dal lavoro o dalle attività sociali
  10. Cambiamenti di umore e di personalità

 

 

La diagnosi precoce

 

La Malattia di Alzheimer è spesso non diagnosticata o arriva troppo tardi all’attenzione degli specialisti. Addirittura si stima che solo una percentuale tra il 20 e il 50% dei pazienti abbiano ricevuto una diagnosi formale, che permette quindi l’accesso ai trattamenti.

Secondo la letteratura scientifica, identificare precocemente le demenze sarebbe un grande vantaggio sia per la scienza sia per la società, dando la possibilità di studiare la progressione dei sintomi e riducendo nettamente i costi socio-economici della malattia.

L’identificazione tempestiva di questa patologia offrirebbe infatti l’opportunità di implementare servizi già nelle fasi lievi, gestendo meglio i sintomi cognitivi e comportamentali, ottenendo una migliore qualità di vita del paziente e della famiglia, ritardando l’istituzionalizzazione e abbassando i costi socio-sanitari.

Per ottenere una diagnosi precoce, è necessario partire dal presupposto che l’invecchiamento di per sé non si accompagna per forza con difficoltà della memoria e delle altre funzioni cognitive. Questo è uno dei falsi miti da sfatare sulla condizione anziana.

Se si verificano dei cambiamenti, in te stesso o in tuo familiare, è sempre meglio portarli all’attenzione di uno specialista (di solito un neurologo o uno psicologo esperti in neuropsicologia).

 

 

 

Come prevenire il declino cognitivo

 

Se effettivamente è fondamentale identificare le demenza nelle fasi iniziali, esistono dei fattori che predispongono allo sviluppo di questa malattia? Ed esistono dei modi per aiutarci a prevenirla?

La risposta è sì!

La Lancet Commission nel 2017 ha stilato un rapporto secondo cui ben il 35% dei fattori di rischio per la demenza sarebbero modificabili durante il corso della vita, a fronte si solo il 7% di rischio genetico.

I fattori di rischio non costituiscono le cause dirette della malattia, ma contribuiscono fortemente ad aumentare la probabilità che essa si manifesti.

Ce ne sono in tutte le fasce di età, a partire dalla scolarizzazione in età infantile, passando per ipoacusia e fattori cardiovascolari nella middle age, fino ad arrivare all’inattività fisica e alla depressione in età avanzata.

Quello che è importante sapere, è che ad ogni età è possibile migliorare il proprio stile di vita per ridurre la possibilità di manifestare i sintomi di declino cognitivo.

 

 

La stimolazione cognitiva

Abbiamo parlato di come prevenire e identificare le demenze, ma che cosa si può fare se si ha già una diagnosi?

Come abbiamo già detto sopra, ad oggi non esiste una cura efficace per guarire dalla demenze, ma si può ricorrere a una serie di trattamenti farmacologici e non farmacologici per migliorare il decorso della malattia.

In particolare, l’effetto migliore si ottiene associando i farmaci al trattamento di stimolazione cognitiva.

La stimolazione cognitiva, oltre a essere uno strumento usato in maniera preventiva per mantenere la mente attiva, si configura come vero e proprio trattamento specifico nel caso di una patologia neurodegenerativa.

La stimolazione cognitiva non ha lo scopo di arrestare la malattia, ma si prefigge di sollecitare le potenzialità residue della persona per rallentarne il decadimento e ottenere una positiva ripercussione sul benessere quotidiano.

È un’attività altamente strutturata, che deve essere condotta da un professionista (di solito uno psicologo) con sessioni individuali o in piccoli gruppi.

 

 

Il familiare che assiste

 

Ultimo, ma non per importanza, punto che vogliamo evidenziare è il ruolo del caregiver nell’assistenza delle persone malate di demenza. Come accennato sopra, per ogni malato ci sono almeno due persone coinvolte nella sua cura.

Il caregiver è stato definito come la “vittima nascosta” della malattia, in quanto il carico psico-fisico richiesto dall’assistenza di una persona malata è elevatissimo.

I familiari, infatti presentano molti rischi legati alla salute fisica, allo stato emotivo, all’isolamento sociale e addirittura hanno un aumentato rischio di sviluppare demenza a loro volta rispetto alla popolazione generale.

 

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