Che cos’è la coscienza?
La coscienza è stata definita come la “consapevolezza di sè, degli altri e dell’ambiente che ci circonda, quindi essere presenti per sè e per gli altri e rispondere agli stimoli” (Cohadon & Salvi, 2003).
La coscienza comprende due componenti:
- un contenuto, rilevato dalle funzioni cognitive e affettive
- lo stato di veglia (arousal)
Il contenuto della coscienza è quello che i neurologi chiamano consapevolezza e dipende dallo stato di veglia: non ci può essere un contenuto senza arousal, tuttavia un normale stato di veglia non garantisce la presenza di un normale contenuto. Lo stato di coscienza ha caratteristiche dinamiche e può avere un’ampia gamma di livelli non classificati in modo univoco. Solo per citarne alcuni, gli stati alterati di coscienza comprendono lo stato di coma, di sonno, di sonnambulismo o lo stato alterato indotto da sostanze.
Basi neurali della coscienza
Abbiamo visto come per coscienza si intenda sia uno stato fisiologico (lo stato di veglia) sia la consapevolezza soggettiva che abbiamo del mondo e di noi stessi. Lo studio dello stato di veglia rientra pienamente nel filone convenzionale della ricerca neurobiologica che è stata in grado di identificare, quindi, i substrati neuroanatomici e i processi fisiologici alla base. La coscienza intesa come consapevolezza e autoconsapevolezza solleva questioni filosofiche complesse e controverse e, dunque, è molto più difficile da studiare con le tecniche delle neuroscienze cognitive.
Le ricerche in questo ambito si sono concentrate sullo studio della percezione visiva consapevole nei soggetti normali e sullo studio di pazienti con diverse condizioni patologiche. La consapevolezza di stimoli sensoriali visivi prevede una modesta modulazione dell’attività da parte delle cortecce sensoriali e delle cortecce parietali e frontali che sostengono l’attenzione e tante altre funzioni cognitive. La ricerca su pazienti con patologie legate alla consapevolezza, per quanto importanti dal punto di vista clinico, non hanno portato ad alcun consenso sulla natura della coscienza.
Gli sforzi tesi a identificare le basi neurali della coscienza non hanno ancora prodotto risultati certi tanto che alcuni scienziati sono stati attratti dall’idea che la coscienza umana possa dipendere da un meccanismo le cui basi vanno al di là del pensiero convenzionale!
La coscienza nel corso dello sviluppo
Quando possiamo dire che i bambini hanno consapevolezza di sè?
Per studiare lo sviluppo della coscienza nei bambini è stato messo a punto dai ricercatori un paradigma sperimentale noto come “test della macchia rossa”; senza che se ne accorgano si colora di rosso il naso o la fronte del bambino e si osserva la sua reazione una volta messo davanti a uno specchio.
Intorno ai 18 mesi, mai prima dei 15, i bambini cominciano a riconoscersi allo specchio: si toccano il viso nel punto in cui c’è la macchia e mostrano stupore per la sua presenza.
Con lo sviluppo del linguaggio arriveranno altre conquiste nell’ambito dell’autoconsapevolezza. I bambini cominciano ad utilizzare i pronomi personali e possessivi come “io”, “tu” o “mio” e a provare emozioni morali come l’orgoglio o la vergogna.
Verso i 2 anni sono in grado di riconoscersi in fotografia!
Disturbi dello stato di coscienza
I disturbi dello stato di coscienza possono essere raggruppati in 3 categorie:
- i disturbi qualitativi della coscienza, come il delirium
- i disturbi quantitativi della coscienza, come il coma;
- i disturbi della coscienza soggettiva che comprendono gli stati di depersonalizzazione.
Il delirium
Il delirium, o stato confusionale, è una sindrome clinica generalmente transitoria e reversibile contraddistinta dall’alterazione della consapevolezza, dell’attenzione e dal disorientamento temporale e spaziale. Possono essere presenti anche alterazioni percettive come interpretazioni errate della situazione, illusioni e allucinazioni.
Questo tipo di alterazione si sviluppa di solito in un periodo di tempo molto breve e tende a fluttuare nel corso della giornata, con peggioramento nelle ore serali. È la conseguenza di una condizione medica sottostante, dell’intossicazione o dell’astinenza da sostanze, dall’uso di un farmaco, dall’esposizione a una tossina o dalla combinazione di questi fattori.
Il delirium colpisce maggiormente gli individui più anziani e ospedalizzati e raggiunge una prevalenza del 14% tra le persone con più di 85 anni. La prevalenza è tra il 10 e il 30% nei soggetti anziani che si rivolgono al pronto soccorso. L’ospedalizzazione aumenta l’incidenza del #delirium che si aggira intorno al 70 % negli anziani in terapia intensiva (DSM 5).
La maggior parte delle persone con delirium mostrano un recupero completo, ovviamente il riconoscimento precoce e un trattamento mirato riducono la sua durata. Se, però, la causa sottostante non viene trattata il delirium può, in alcuni casi, progredire fino al coma.
Il coma
Il coma probabilmente è il disturbo più noto, si tratta di una condizione clinica complessa causata da un’alterazione del funzionamento cerebrale che compromette lo stato di coscienza: i pazienti non rispondono agli stimoli e non sono consapevoli di sè o degli altri. Anche nei casi più gravi, però, i neuroni sono vivi e il segnale elettrico che emettono può essere rilevato dall’elettroencefalogramma. Il coma è una condizione dinamica che può peggiorare ma anche migliorare. Una possibile evoluzione del coma è lo stato vegetativo che si caratterizza sempre per l’assenza della consapevolezza di sè e degli altri, ma è rilevabile uno stato di veglia. I pazienti in questo stato possono aprire e muovere gli occhi, deglutire e respirare autonomamente e mantenere l’alternanza sonno-veglia. Possono essere in grado di compiere alcuni automatismi motori come sbadigliare, ma non sono in grado di seguire con lo sguardo stimoli visivi o eseguire anche i più semplici ordini verbali.
I disturbi dissociativi
Infine, tra i disturbi della coscienza soggettiva troviamo i disturbi dissociativi.
Si caratterizzano per una disconnessione e/o una discontinuità della normale integrazione di coscienza, memoria, identità, emotività, percezione, rappresentazione corporea, controllo motorio e comportamento.
I sintomi, che potenzialmente possono colpire qualunque area del funzionamento psicologico, sono vissuti come:
- intrusioni non volute nella coscienza e nel comportamento, unite a perdite della continuità dell’esperienza soggettiva;
- incapacità di accedere a informazioni o di controllare funzioni mentali che in genere sono facilmente accessibili o controllabili.
Il DSM 5 inserisce tra i disturbi dissociativi:
- il disturbo dissociativo dell’identità
- l’amnesia dissociativa
- il disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione
Questi disturbi si riscontrano frequentemente nel periodo successivo a un forte trauma. Sintomi dissociativi come depersonalizzazione (esperienze di irrealtà e distacco, di essere un osservatore esterno rispetto ai propri pensieri o azioni) e derealizzazione (esperienza di irrealtà rispetto all’ambiente circostante) non identificano necessariamente un grave disturbo mentale. Possono essere dei fenomeni transitori e comuni nella popolazione generale. Si tratta di reazioni normali in persone normali di fronte a avvenimenti anomali, come per esempio un incidente stradale.