Tra tutte le abilità cognitive, il linguaggio è quella più legata al rapporto con le altre persone.  La comunicazione, infatti, è quel processo che ci permette volontariamente e intenzionalmente di condividere un messaggio con un altro individuo.

In questo approfondimento vogliamo dare qualche suggerimento a chi si trova a dover comunicare con una persona con demenza. L’insieme di queste malattie infatti, limita le abilità della persona di esprimersi e di farsi comprendere ed è necessario che il familiare o l’assistente si adatti alle esigenze dell’individuo.

 

 

 

Cosa succede alla capacità di comunicazione quando si ha una demenza?

 

Con l’avanzare della patologia cognitiva, il progressivo declino delle abilità cognitive coinvolge anche le abilità linguistiche, che via via diminuiscono comportando una perdita della capacità comunicativa.

Già dalle fasi lievi è possibile osservare la presenza di anomie, errori letterali e neologismi, riduzione lunghezza frasi, difficoltà nella ripetizione di frasi, deficit di comprensione (specialmente nel linguaggio scritto), poca coerenza tematica (Glosser & Deser, 1990; Mendez, Clark, Shapira, & Cummings, 2003).

La fase moderata è invece caratterizzata da (Papagno, 2001; Kipps et al., 2009; Rousseaux et al., 2010):

    • Difficoltà a generare alternative logiche da informazioni date
    • Difficoltà a comprendere relazioni causa-effetto
    • Produzione di risposte irrilevanti, vaghe e incomplete
    • Relativo risparmio fino alle fasi gravi della comprensione di linguaggio non letterale (metafore), delle emozioni e del sarcasmo

In questa fase, la conversazione può essere “vuota”, con risposte che non rispondono effettivamente alle richieste dell’ascoltatore, contenuti poco tematici, aumento della frequenza dei turni conversazionali e delle domande a discapito delle affermazioni. Si possono osservare inoltre la difficoltà nel gestire gli argomenti e la diminuzione della gestualità significative a fronte di una gestualità indefinita (Blanken et al.,1988; Ripich & Terrell, 1988; Ripich et al., 1991;Mentis et al., 1995; Carlomagno et al., 2005). 

La fase grave è infine caratterizzata dalla perdita quasi totale della capacità di comunicare verbalmente e dall’inabilità alla comprensione del linguaggio verbale. È estremamente importante sottolineare, però, il mantenimento dell’espressione e della comprensione di linguaggio non verbale e paraverbale, caratteristica che come vedremo può venirci in aiuto.

 

Comunicazione e assistenza 

 

Secondo le stime di Alzheimer Europe, i disturbi di comunicazione sono considerati tra i quattro più problematici dai caregiver, dopo le attività quotidiane di base, il comportamento e la cognizione. 

In che modo la comunicazione ha a che fare con l’assistenza della persona?

  1. Nelle attività funzionali quotidiane: quando si assiste una persona, è necessario comunicare al fine di svolgere attività funzionali quotidiane in modo che mantenga autonomia il più a lungo possibile. Inoltre, il declino delle capacità linguistiche influisce negativamente sull’interazione tra caregiver e assistito poiché porta a vuoti comunicativi durante lo svolgimento delle attività della vita quotidiana (come per esempio lavarsi, mangiare, alzarsi o sedersi). Addirittura, la difficoltà di comunicare può avere come effetto l’aumento del tempo speso in attività funzionali, il quale costituisce una fonte di stress per l’operatore (Williamson & Schulz, 1993; Small et al., 2003).
  2. Nel rapporto tra assistito e caregiver: il benessere e la qualità di vita sono preservati dalla comunicazione significativa positiva. La Malattia di Alzheimer ha un impatto sia sulle abilità della persona di comunicare, sia sugli approcci degli altri nel comunicare con il paziente: i vuoti comunicativi sono una delle maggiori fonti di stress per il caregiver, portandoli spesso a sentirsi insoddisfatti e incompetenti nella comunicazione con l’assistito (Williamson & Schulz, 1993; Small et al., 2003; Savundranyagam et al., 2009)

 

 

Come comunicare al meglio?

 

Quando la comunicazione verbale va persa, è necessario basarsi su componenti non verbali, come espressioni facciali e sulle vocalizzazioni. L’Alzheimer Association (2015) fornisce qualche consiglio per una comunicazione efficace:

  1. Dignità e rispetto: non parlare come se la persona non ci fosse
  2. Approciare il paziente frontalmente, identificandosi e spiegando cosa si sta facendo
  3. Incoraggiare la comunicazione non verbale: se non capite, chiedete di indicare, di fare un gesto
  4. Cercare di comprendere le emozioni sottostanti a gesti e suoni
  5. Usare vista, suoni, tatto, odori, come forma di comunicazione

Nella quotidianità, la qualità della comunicazione sociale durante le conversazioni dipende anche dalle qualità psicosociali positive dell’interlocutore, soprattutto del caregiver, e il comportamento del malato non è la sola variabile da tenere in considerazione (Small, Perry & Lewis, 2005). È Importante avvalersi di tecniche per facilitare la comunicazione: controllano l’ammontare delle informazioni che devono essere mantenute, semplificando la ricerca in memoria e il modo in cui l’informazione deve essere elaborata (Bayles, 2003).

Il metodo  FOCUSED

 

È un programma che mira all’accrescimento delle competenze comunicative per i caregiver dei pazienti con Malattia di Alzheimer, ideato alla fine degli anni 90 (Ripich, 1997), composto da 7 step:

  1. Face-to-face (faccia a faccia)
    • Stare di fronte al paziente
    • Attrarre la sua attenzione
    • Mantenere il contatto visivo
  2. Orientation (orientamento)
    • Orientare, ripetendo delle parole chiave per molte volte
    • Ripetere le frasi non comprese utilizzando le stesse parole
    • Dare il tempo di comprendere
  3. Continuity (continuità)
    • Mantenere lo stesso argomento di conversazione il più a lungo possibile
    • Preparare la persona se si deve introdurre un nuovo argomento
  4. Unsticking (slacciamento)
    • Aiutare il paziente a essere flessibile quando utilizza una parola sbagliata, suggerendogli la parola che non trova
    • Ripetere la frase appena pronunciata, usando però la parola corretta
    • Chiedere: “Volevi dire . . .?”
  5. Structure (struttura)
    • Strutturare la domanda per dare una scelta semplice con cui rispondere
    • Fornire solo due opzioni alla volta
    • Fornire opzioni piacevoli
  6. Exchanges (scambio)
    • Mantenere il normale scambio di idee delle conversazioni normali
    • Iniziare le conversazioni con argomenti piacevoli
    • Dare al vostro caro indizi su come rispondere
  7. Direct (diretto)
    • Usare frasi corte, semplici, dirette
    • Usare nomi propri anziché pronomi
    • Usare gesti, figure, ed espressioni facciali

 

Sebbene il metodo FOCUSED sia un po’ datato, riteniamo che la sua schematicità possa essere molto utile a chi si trova in difficoltà nel comunicare con una persona affetta da demenze.

Un altro grande consiglio che possiamo dare è quello di utilizzare il più spesso possibile dei toni calmi, sereni. Come accennato sopra, infatti, sebbene i malati perdano la capacità di utilizzare il linguaggio, viene mantenuta fine alle fasi più avanzate di patologia l’abilità di esprimere e comprendere le componenti non verbali e paraverbali della comunicazione.

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