Come da previsioni dei mesi scorsi, con l’arrivo  dell’autunno siamo entrati nella seconda ondata di Covid19.

Per capire come affrontarla, dobbiamo per prima cosa trovare il senso narrativo di quello che sta succedendo, calandolo nell’individualità di ognuno di noi. L’effetto della pandemia, infatti, non può essere comune per tutti e il significato di ciò che ci succede va rintracciato proprio nell’unicità di ognuno di noi, alla luce del nostro modo di fare esperienza, della nostra storia personale e dei progetti che a causa dell’emergenza abbiamo interrotto o abbiamo visto cambiare.

 

 

Il senso di sospensione

 

La sospensione in cui la pandemia ci ha catapultati ci ha costretti a sentirci, a metterci davanti a una serie di interrogativi sulla nostra vita, mettendo in discussione la nostra esistenza. In questo contesto, ansia e depressione (a quanto pare gli stati psicopatologici più comunemente osservati) assumono un significato differente, personale e in fin dei conti adattivo, in quanto strettamente associati a momenti di vita difficili. Ciò che sembra caratterizzare più nel profondo la sofferenza legata alla pandemia è proprio la messa in discussione la nostra identità, che non è più sorretta dalla frenesia quotidiana.

 

 

Pandemic Fatigue

 

A settembre 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha osservato l’emergere graduale nella popolazione europea dei segni di uno stato di demotivazione rispetto ai comportamenti protettivi raccomandati. Questo stato è detto Pandemic Fatigue e sta incidendo su emozioni, #esperienze e #percezioni, oltre che portare a una scarsa efficacia delle restrizioni.

La Pandemic Fatigue è una risposta normale e prevedibile a una situazione prolungata di crisi sanitaria, quando le sue conseguenze incidono fortemente sulla vita quotidiana. Nella prima fase della crisi, infatti, la maggior parte delle persone ha adottato una serie di stati mentali e comportamenti per affrontare una situazione altamente stressante e di pericolo acuto, ma temporalmente limitata.

Nel momento in cui però la crisi si è prolungata, le prospettive sono cambiate e la demotivazione è il risultato. La minaccia percepita del virus è diminuita, in quanto ci siamo abituati alla sua presenza e nonostante il fatto che i dati epidemiologici non vanno in questa direzione. Nello stesso tempo, tale situazione fa percepire la mancanza di efficacia delle misure restrittive, che diventano un costo eccessivo rispetto al beneficio percepito. Inoltre, un incarnato impulso di autodeterminazione e libertà cresce se le restrizioni continuano per molto tempo.

È stato quindi pubblicato un documento di supporto (revisionato a novembre 2020) per la realizzazione di key strategies a livello nazionale e locale per mantenere e migliorare il pubblico supporto nella prevenzione del #covid19:

  • Comprendere le persone: raccogliere evidenze per strutturare politiche, interventi e comunicazione su misura
  • Permettere alle persone di vivere le proprie vite, ma riducendo i rischi: a lungo termine restrizioni ad ampio raggio non sono fattibili
  • Coinvolgere le persone come parte della soluzione: bisognerebbe trovare il modo di coinvolgere individui e comunità a tutti i livelli
  • Riconoscere e affrontare le difficoltà vissute dalle persone e il profondo impatto che la pandemia ha sulle loro vite.

 

Fonti

WHO, 2020, Pandemic fatigue Reinvigorating the public to prevent COVID-19, disponibile su https://tinyurl.com/y6o95kr9

Raffaele Vanacore, 2020, Vivere la seconda ondata, disponibile su https://www.psicologiafenomenologica.it/articolo/vivere-seconda-ondata/

 

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