Il termine “demenza” indica una serie di sindromi caratterizzate dalla progressiva perdita delle abilità cognitive e funzionali. Ce ne sono diverse, a seconda della patologia cerebrale sottostante. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità in Italia ci sono più di un milione di persone affette da patologie neurodegenerative. Circa 3 milioni sono invece i familiari coinvolti nella loro cura.

Gender gap: le donne che si prendono cura

 

I caregiver sono coloro che si prendono cura di una persona non autosufficiente. Secondo il World Alzheimer Report del 2013 la maggior parte dei caregiver sono donne.

Assistere un familiare con una demenza è a tutti gli effetti un lavoro non retribuito, che può arrivare a occupare circa 20 ore la settimana. Spesso queste persone, con un’età che va dai 45 ai 60 anni circa, non si prendono cura solo del genitore (o suocero, o familiare) anziano, ma sono chiamate a provvedere ai bisogni dei figli, magari adolescenti, e a gestire la propria attività lavorativa. Tale fetta di popolazione è definita Sandwich Generation, perché si trova schiacciata tra le necessità di diverse generazioni.

Nel caso della demenza, la complessità dell’assistenza di un malato è molto elevata, e spesso il caregiver, soprattutto se è un membro della famiglia, non è preparato ad assolvere questo compito. Tale situazione può condurre a sperimentare un intenso carico psico-fisico, chiamato caregiver burden.

Questo disagio emotivo spesso è legato strettamente al ruolo che si viene chiamati a ricoprire: si può sperimentare l’ansia di non fare la cosa giusta nell’assistenza, oppure si può temere di non dedicare abbastanza tempo ai figli e al proprio lavoro. Frequentemente, non si ha abbastanza tempo per sé, per svolgere attività piacevoli e legate all’interazione sociale. Il carico di lavoro dedicato alla cura può portare alla diminuzione o addirittura all’abbandono della propria attività lavorativa, sperimentando un senso di perdita di prospettive e di obiettivi che può condurre a sintomi depressivi.

Le caregiver donna, inoltre, sono più a rischio di sperimentare sia il caregiver burden, sia lo stigma relativo all’essere un caregiver. Una delle spiegazioni potrebbe essere l’ingente carico di altre responsabilità nell’ambito familiare, oltre che a un approccio alla cura più orientato all’utilizzo di strategie di resilienza emotivamente focalizzate (Kahn et al., 2016).

Il motivo per cui nella stragrande maggioranza dei casi sono le donne a farsi carico delle esigenze familiari è, come sempre, culturale: già da bambine, impariamo l’arte dell’accudimento e della comprensione. Se in una famiglia qualcuno deve rinunciare all’attività lavorativa, quasi sempre è la donna, anche a fronte delle minori possibilità di guadagno.

Bibliografia 

 

Kahn, P. V., Wishart, H. A., Randolph, J. S., & Santulli, R. B. (2016). Caregiver stigma and burden in memory disorders: an evaluation of the effects of caregiver type and gender. Current gerontology and geriatrics research2016.

Prince, M. J., Prina, M., & Guerchet, M. (2013). World Alzheimer report 2013: Journey of caring: an analysis of long-term care for dementia. Alzheimer’s Disease International.

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