Il disegno è la primordiale forma del pensiero. Una semplice linea su un foglio bianco riesce a descrivere ciò che la mente partorisce. Esso costituisce una forma antichissima di espressione: le pitture rupestri risalenti a 35000-40000 anni fa avevano il compito di assolvere a diverse funzioni come comunicare informazioni, lasciare memorie o evocare fantasie e sogni. 

La propensione ad apporre segni nel mondo e a leggerli è un qualcosa di profondamente arcaico e al contempo estremamente attuale. A tutt’oggi la maggior parte dei bambini usa inizialmente matite e pennelli per tracciare “scarabocchi”, che progressivamente cedono il posto a forme semplici e successivamente a strutture grafiche più complesse che risulteranno essere rappresentazioni più realistiche e riconoscibili del mondo “così com’è”. 

Ma cosa accade quando, nell’adulto, tale capacità viene compromessa?

Con il termine “disordini costruttivi” ci si riferisce all’incapacità nel costruire un disegno complesso rispettando le relazioni spaziali tra i singoli elementi che lo compongono. Nello specifico si parla di aprassia costruttiva per indicare un disturbo delle attività di costruzione, composizione e disegno in cui la forma spaziale del prodotto non è corrispondente al modello. Con il termine prassia, invece, ci si riferisce alla capacità di eseguire movimenti fini o sequenze di movimenti. L’ aprassia indica dunque la perdita di questa capacità in assenza di deficit cognitivi, motori e/o sensoriali che possano adeguatamente spiegare il suo fallimento. 

A seguito di lesioni cerebrali focali vi può essere un’alterazione delle strategie costruttive: nella copia di disegni complessi i pazienti cerebrolesi tendono ad adottare una procedura di copia “pezzo a pezzo”, invece di programmare il disegno in base alle sue strutture più salienti, come fanno molti soggetti normali. Molti lavori classici riportano come i pazienti con lesioni cerebrali destre tendano a eseguire disegni con orientamento sbagliato e con elementi disposti in confusa relazione reciproca, mentre i cerebrolesi sinistri semplifichino i disegni riuscendo a conservare la disposizione spaziale originale.  Nel caso invece di demenza di Alzheimer si riscontrano evidenti difficoltà legate alla capacità di disegnare che peggiorano con il progredire della malattia. Queste persone tendono a produrre copie semplificate di un’immagine con alterazioni spaziali e perdita della prospettiva. Un particolare comportamento che si riscontra è la tendenza a disegnare utilizzando parti del modello oppure a ricalare le linee del modello o ancora a disegnare in sua prossimità. La genesi di tale fenomeno, chiamato closing-in, può essere legata a disturbi visuo-spaziali o a disturbi di tipo frontale. 

Per valutare specificatamente le abilità costruttive si utilizzano prove di disegno su copia e di disegno spontaneo. Il disegno spontaneo è un compito complesso in cui hanno un importante ruolo le abilità immaginative; il disegno su copia invece valuta più direttamente le abilità di riprodurre una figura – stimolo e, nel caso di copia di disegni con figure semplici, è richiesta l’attivazione di routine motorie ben consolidate, le quali potrebbero essere parte di una memoria procedurale specifica. 

In definitiva, dunque, il disegno appare come un’attività cognitiva complessa che si basa sul funzionamento di più componenti; tale conclusione è supportata da studi di neuroimaging funzionale che dimostrano il coinvolgimento di specifiche aree cerebrali: frontali e parietali (Ogawa e Inuia, 2009).

 

 

Bibliografia 

Mazzucchi Anna. La riabilitazione neuropsicologica. Milano. Elsevier edizioni, 2012.

Ogawa K., Inuia T. “The role of posterior parietal cortex in drawing by copyng”. Neuropsychologia 2009; 47: 1013-1022

Trojano L., Fragassi NA., Chiacchio L. “Relationship between constructional and visuospatial abilities in normal subject and in focal brain-damaged patients”. J Clin Expo Neuropsychol 2004; 26: 1103-1112

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