La relazione. L’uomo è un animale sociale?

Già Aristotele nel IV secolo a.C. ha affermato la tendenza dell’essere umano alla socialità. Siamo per natura portati a stare in contatto con l’altro, che addirittura è parte essenziale del definirsi della nostra identità.

Questi ultimi due anni passati con le restrizioni da Covid-19 ci hanno permesso di comprendere quanto lo stare insieme agli altri sia un aspetto fondamentale della nostra vita.

In effetti, se in passato si credeva che il cervello fosse prevalentemente razionale e logico, da qualche anno a questa parte la ricerca nell’ambito delle neuroscienze e della psicologia ha confermato che l’essere umano è un animale sociale, e che il nostro comportamento e la nostra identità sono strettamente costruiti sul rapporto con l’altro. Addirittura, la la ricerca è arrivata alla conclusione che lo sviluppo cerebrale che ci ha trasformati da primati a uomini non sia solo la conseguenza del miglioramento dei processi di ragionamento, ma più che esso sia avvenuto seguendo il filo del gioco sociale: il nostro cervello è cresciuto sulla base della necessità di comprendere, interpretare e prevedere come si sarebbero comportati i nostri simili.

Uno degli aspetti più importanti della #socialità è quello di farci sentire l’appartenenza a un gruppo (per saperne di più sulle dinamiche di gruppo, ne abbiamo parlato qui). Un gruppo può essere definito come un insieme di persone che interagiscono tra loro con una certa regolarità. Le interazioni tra i componenti del gruppo si fondano su una serie di aspettative circa il comportamento dei membri, forme di comportamento che non si richiedono a chi non appartiene al gruppo in questione.

 

 

Il cervello sociale 

 

Quali sono le aree cerebrali che ci consentono di entrare in relazione con gli altri?

Come per tutte le abilità cognitive, è molto complicato stabilire quali aree specifiche del nostro cervello costituiscono il substrato neurale di una funzione. Ancora di più lo è per una capacità complessa come la socialità. Il cervello sociale si sovrappone per larga parte con il cervello emotivo, ed è molto difficile distinguere tali funzioni. Questo è un indice di quanto il nostro rapporto con l’altro sia mediato dalle emozioni.

Ecco alcuni dei protagonisti dell’elaborazione dei processi sociali:

  • Amigdala: strettamente connessa con la corteccia cerebrale, risponde alle espressioni emotive degli altri, siano esse positive o negative
  • Ipotalamo: si attiva quando gli altri ci respingono
  • Corteccia cingolata anteriore: rileva le situazioni rilevanti, per le quali c’è la necessità di agire, reagisce al dolore fisico, ma anche a quello sociale
  • Corteccia orbitofrontale e prefrontale ventromediale: racchiudono la personalità dell’individuo, e sono fondamentali per il ragionamento sociale
  • Nucleo accumbens: si attiva per la ricompensa, cioè per qualcosa che ci provoca piacere come carezze, baci, sorrisi, pacche amichevoli sulle spalle
  • Solco temporale superiore: identifica gli obiettivi altrui, prende in considerazione la prosepttiva degli altri, soprattutto attraverso lo sguardo
  • Insula: raccoglie le sensazioni viscerali, collegate ai nostri stati emotivi, comprsi quelli elicitati dall’altro

 

 

Quando inizia la relazione?

 

Nel passato si pensava che la capacità relazionale si sviluppasse nel bambino in seguito ad altre abilità più basilari. Anche le emozioni sociali, cioè quelle che dipendono dal rapporto con un’altra persona, si pensava emergessero in seguito alle emozioni di base.

Le evidenze scientifiche più recenti, però, ci hanno mostrato come l’intersoggettività sia una caratteristica intrinseca dell’essere umano, tanto che già nei feti gemelli se ne possono osservare le prove.

Fino a pochi anni fa, era diffusa la convinzione che i movimenti del feto fossero completamente casuali. Nel 2010, però, uno studio tutto italiano ha osservato i movimenti di feti gemelli nell’utero materno, facendo delle scoperte affascinanti e dimostrando che la predisposizione alla socializzazione emerge addirittura prima della nascita!

Già a partire dalla quattordicesima settimana di gestazione, infatti, è stato possibile osservare come i due gemelli mettessero in atto dei movimenti intenzionalmente rivolti verso il fratello, e come i gesti di esplorazione del corpo dell’altro fossero maggiori rispetto all’esplorazione del proprio corpo. Tali movimenti, inoltre, differiscono da quelli effettuati verso le pareti dell’utero.

 

Stare con l’altro nella post-modernità

 

L’epoca post-moderna ha visto il proliferare della tecnologia, tra cui una delle più importanti è sicuramente internet.

In questi giorni, quasi tutti noi stanno sperimentando in prima persona la facilità di connettersi con i propri amici e parenti tramite le varie chat e videochiamate, e questa soluzione ci sta salvando dall’isolamento che avremmo provato chiusi nelle nostre case.

Se noi adulti viviamo con stupore questo cambiamento nella nostra modalità di socializzazione, per gli adolescenti il modo di vivere le relazioni è intrinsecamente legato al mondo del web. L’uso di internet può rinforzare i legami individuali e favorire lo sviluppo di competenze sociali e professionali, anche se una minoranza di ragazzi potrebbero sviluppare disturbi legati proprio all’abuso di internet.

I Massively Multiplayer Online Role-Playing Games (MMORPGs) sono giochi online in cui gli individui sviluppano un personaggio, competono e interagiscono con altri giocatori senza limitazioni di spazio o tempo. Anche se questi giochi possono essere associati con la dipendenza da Internet, hanno anche delle caratteristiche positive, come quella di favorire il contatto sociale, che si va ad aggiungere alle relazioni faccia a faccia.

Il gruppo di gioco, spesso composto dagli amici della vita reale, che si crea in queste attività può essere un fattore che diminuisce la probabilità di sviluppare una Internet Addiction, se comparato con il comportamento del giocatore solitario. Il giocare insieme ai propri compagni di classe, infatti, potrebbe costituire un argomento di confronto e di gioco condiviso tra gli adolescenti, riducendo l’isolamento caratteristico delle Dipendenze da Internet.

 

 

 

L’isolamento sociale 

 

Il ritiro sociale o l’impossibilità di passare del tempo con le altre persone rappresentano una caratteristica di parecchi disturbi psichici, a dimostrazione del fatto che l’inter-relazione è una peculiarità dell’essere umano.

In particolare, molte evidenze scientifiche mostrano come l’isolamento sociale abbia ripercussioni negative per l’invecchiamento in salute. Le attività di socializzazione si pongono infatti come protettive rispetto allo sviluppo di patologie neurodegenerative, in quanto permettono da una parte di ricevere maggiori stimoli a livello cognitivo, dall’altra di mantenere un migliore tono dell’umore. La socialità, unitamente all’attività fisica e mentale adeguata, è quindi un fattore decisivo per l’invecchiamento attivo.

Uno studio pubblico nel 2019 e svolto nella regione Marche ha analizzato l’effetto del coinvolgimento di anziani sani in attività di “social farming” sulla salute generale. Le attività proposte sfruttano il lavoro con animali e piante tipico di una fattoria, al fine di veicolare servizi sociali ed educativi. Lo studio mostra come la partecipazione al programma di social farming abbia consentito ai partecipanti di aumentare il proprio network di contatti sociali, che spesso sono stati accresciuti e mantenuti anche al di fuori delle attività.

 

 

Questo breve excursus sulla socialità ci ha permesso di osservare come la relazione con l’altro sia fondamentale in tutte le tappe dello sviluppo umano, da prima della nascita fino all’anzianità. Ovviamente, l’intersoggettività è legata strettamente con il mondo emotivo, ma di questo aspetto ci occuperemo prossimamente in un altro articolo sul blog!

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