Il cambiamento della popolazione

Negli ultimi decenni, la struttura demografica della popolazione italiana si è profondamente modificata a causa di fattori di estrema rilevanza quali la diminuzione della fecondità, l’aumento  dell’aspettativa di vita e l’invecchiamento della popolazione (ISTAT, 2014).

Poiché l’invecchiamento rappresenta il primario fattore di rischio per lo sviluppo sia di patologie neurodegenerative (Solfrizzi et al., 2002; Kivipelto et al., 2006), sia della presbiacusia appare evidente la necessità di intervenire precocemente in ottica preventiva, se non per arrestare perlomeno per ritardare l’esordio di tali quadri clinici, ottenendo un grosso guadagno in termini sociali ed economici.

 

La riserva cognitiva come fattore preventivo

La Lancet Commission (Livingston et al., 2017; Livingston et al., 2020) sottolinea come tra i fattori protettivi debba essere considerato l’implemento, nel corso di tutta la vita dell’individuo, della riserva  cognitiva.

È stato infatti osservato come alcuni pazienti che mostravano a livello neuropatologico segni di Malattia di Alzheimer, non manifestassero i sintomi clinici della patologia (Sonnen et  al., 2011): questo dato evidenzia come la costruzione di riserva cognitiva durante le fasi  precoci della vita possa produrre maggiore resilienza cognitiva e ritardare lo sviluppo di  patologie dementigene in tarda età.

Tra gli interventi che concorrono a sviluppare una buona riserva cognitiva è possibile annoverare gli stimoli sociali e cognitivi, l’educazione e un buon livello socio-economico e la preservazione di un buon udito. Nonostante per l’attuazione di una completa prevenzione dalle demenze sia necessario agire durante tutto il corso della vita, è ormai assodato che la partecipazione anche da anziani ad attività cognitive, sociali e fisiche moduli la riserva cognitiva, migliorando le abilità  cognitive (Fratiglioni et al., 2004).

 

Ipoacusia come fattore di rischio

Si stima che in Italia circa 1 persona su 6 soffra di qualche tipo di perdita uditiva, e che molte di esse non siano trattate. Se consideriamo le funzioni cognitive come processi che coinvolgono tutti gli aspetti della percezione, del pensiero e del ragionamento è immediata la comprensione della correlazione tra la perdita uditiva e il cambiamento di alcune attività cerebrali.

Per quanto riguarda in particolare la popolazione anziana, la perdita di udito sembra avere tre principali impatti: l’aumento del carico  cognitivo, l’impatto sulle strutture e funzioni cerebrali e l’isolamento sociale e conseguente  sintomatologia depressiva (Huang et al., 2010; Bernabei et al., 2014).

È ancora oggetto di studio se l’utilizzo di protesi acustiche possa mitigare l’effetto dell’ipoacusia sullo sviluppo di deficit cognitivi. Migliorare la prestazione uditiva, infatti, non sembra avere effetti sulle abilità cognitive di individui con demenza (Allen et al.,  2003). Al contrario, però, la neuroplasticità sembra essere un elemento fondamentale al  fine di ottenere un buon recupero uditivo e alcuni studi epidemiologici hanno mostrato un effetto apparentemente protettivo dato dall’utilizzo delle protesi (Merabet & Pascual-Leo ne, 2010; Lin et al., 2014b).  

Appare chiaro quindi come il mero suggerimento di una protesi acustica, anche quando utilizzata adeguatamente, non sia risolutivo, e come ci sia necessità di un intervento più complesso e multidisciplinare. Solo una minoranza delle persone ipoacusiche è infatti correttamente diagnosticato, e anche nel caso  vengano loro prescritti, molto spesso gli apparecchi acustici non vengono adeguatamente utilizzati (Davis et al., 2007).

 

Il lavoro cognitivo nell’anziano ipoacusico

 

La perdita uditiva è ancora percepita da molti come un processo inestricabilmente legato all’invecchiamento. Tale stigma ricorda molto quello relativo alla perdita di memoria, ed entrambi devono essere combattuti come falsi miti legati a una visione dell’invecchiamento non coerente con l’epoca post-moderna.

Nell’anziano ipoacusico sono evidenti alcuni cambiamenti del funzionamento cognitivo, soprattutto negli aspetti legati alle capacità esecutive. Viste le numerose ricerche che attestano la presenza di neurogenesi anche in età avanzata, è verosimile ipotizzare che supportare la protesizzazione acustica con un lavoro cognitivo, attuando quindi un approccio integrato al benessere della persona, possa condurre a un miglioramento dei risultati.

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