Il gusto nella vita. Quanto è importante per la sopravvivenza?

Il gusto nella vita. Quanto è importante per la sopravvivenza?

I recettori gustativi come quelli olfattivi rilevano le caratteristiche specifiche delle molecole ma questi due sensi si sono evoluti per svolgere funzioni differenti. L’odorato ci aiuta a identificare gli oggetti nell’ambiente mentre il sistema gustativo risponde ad un insieme fisso e molto più limitato di molecole. Questo conferma il ruolo del gusto come sistema per rilevare sostanze nutrienti e antinutrienti (vantaggiose e pericolose per il nostro organismo) prima che vengano ingerite. 

Sappiamo che i gusti di base sono quattro: salato, aspro, amaro, dolce. 

Ognuno dei quattro gusti di base è dedicato a un nutriente o antinutriente diverso e si è evoluto a seconda del suo scopo. Ad esempio il sottosistema per l’amaro è un rilevatore di veleno. Le strutture chimiche dei veleni sono molto diverse. Un rilevatore di veleno deve essere perciò in grado di riconoscere molti composti differenti. Poiché non è necessario riconoscere un veleno da un altro ma semplicemente evitarli tutti, possiamo riunire tutti questi recettori in un canale comune che giunge al cervello. 

Allo stesso modo il sottosistema per l’aspro è configurato allo scopo di respingere qualsiasi soluzione acida indipendentemente dal motivo per cui il livello di pH della soluzione è così alto. Gli altri due sottosistemi relativi ai gusti che ci permettono di rilevare e quindi di ingerire in modo selettivo gli alimenti necessari al nostro corpo sono quello del sodio (salato) e quello degli zuccheri (dolce).  

De gustibus… come cambia il gusto negli anziani?

De gustibus… come cambia il gusto negli anziani?

Con il passare del tempo i sensi si modificano. I cambiamenti della vista e  dell’udito non passano inosservati mentre quelli del gusto non sono così evidenti. 

Come cambia il gusto con l’avanzare dell’età?

Secondo gli studiosi nasciamo con una media di 9.000 papille gustative che si sostituiscono automaticamente ogni 1-2 settimane. Questa loro caratteristica è ciò che ci permette di recuperare velocemente la capacità di gustare i cibi dopo che ci siamo scottati la lingua magari bevendo una bevanda molto calda. Invecchiando però rallenta il ritmo con cui si sostituiscono le papille gustative. La quantità con cui si degradano le papille è estremamente variabile da individuo a individuo ma le conseguenze di questo fenomeno causano dei comportamenti che devono essere monitorati. 

Gli anziani infatti tendono a usare più zucchero e sale poiché sentono i sapori come se fossero “sbiaditi”. Inoltre l’alterazione della percezione dell’amaro e dell’acido porta a ridurre il consumo di verdura e frutta, specie degli agrumi. 

Come  si può contrastare questa tendenza? 

Nel caso in cui ci si accorgesse di un cambiamento dei propri gusti o di quelli di un caro è consigliabile:

  • Escludere qualunque causa medica. Talvolta virus o batteri possono provocare danni alle porzioni della corteccia preposte all’elaborazione sensoriale;
  • Aumentare l’utilizzo di insaporiti naturali come spezie o erbe aromatiche;
  • Effettuare una ginnastica sensoriale. E’ questa l’area di intervento del progetto europeo Gymsen “Sensory Gynnastics for elderly”. Nel caso del gusto e dell’olfatto viene svolta esponendo i soggetti a sapori e odori differenti con lo scopo di portare l’individuo ad analizzare attentamente l’alimento, riportando anche alla memoria antichi ricordi. Prestare attenzione a ciò che si prova è un modo efficace per mantenere in allenamento i nostri sensi. 

 

Sergi G., Bano G., Pizzato S. Taste loss in the elderly: Possible implications for dietary habits (2017). Food Science and Nutrition. doi.org/10.1080/10408398.2016.1160208

La neofobia nei bambini. Cosa fare per vincerla?

La neofobia nei bambini. Cosa fare per vincerla?

Tutti i sensi si formano durante il periodo embrionale. Il gusto in particolare si forma e matura precocemente; le prime papille gustative appaiono intorno all’ottava settimana di gestazione.

I sapori della dieta materna caratterizzano il liquido amniotico andando ad influenzare le successive preferenze dei sapori del futuro nascituro. Il feto quindi si ritrova a sperimentare il gusto in un primo momento attraverso il liquido amniotico e successivamente attraverso il latte materno. 

 

Dalla preferenza per il dolce alla neofobia

Il gusto preferito dai bambini è sicuramente quello dolce mentre quello aspro viene prontamente respinto. 

Con l’inizio dello svezzamento tra i 4 e i 6 mesi i bambini assaggiano tutti gli alimenti senza mostrare particolari problemi mentre con lo scorrere del tempo si manifestano delle resistenze nei confronti di alimenti nuovi, mai assaggiati prima. Si chiama neofobia e riguarda il rifiuto categorico nei bambini piccoli di provare nuove pietanze. Nei bambini fino a cinque anni può capitare che solo dopo un’esposizione ripetuta (dalle cinque alle dieci volte) il genitore riesca nell’intento di far assaggiare un nuovo alimento.

 

Come aiutare i genitori? 

Diverse ricerche hanno indagato se vi siano delle strategie vincenti. Alcune sono risultate essere inconcludenti come dare una ricompensa o lodare il bambino. 

Quali strategie possono invece essere adottate? 
  • Proporre nuovi alimenti insieme a piatti già conosciuti piuttosto che da soli;
  • Sfruttare dei modelli come i fratelli maggiori. Se infatti il modello proposto crea delle impressioni positive i bambini tendono successivamente ad adottarlo. Si può ricorrere anche a modelli immaginari come ai protagonisti della storia o del cartone animato preferito;
  • Un altro spunto che è stato preso in esame da alcuni ricercatori è il dialogo. Non avrebbe senso parlare apertamente di salute ai bambini poiché non avendo una chiara conoscenza delle malattie faticherebbero a comprendere il significato di un messaggio incentrato su questo aspetto. Associare invece ad un nuovo alimento  frasi positive come “le carote di aiutano a vedere meglio al buio” sprona i bambini a vincere la loro ritrosia.

Lanigan J. et al.”Child-Centered Nutrition Phrases Plus Repeated Exposure Increase Preschoolers’ Consumption of Healthful Foods, but Not Liking or Willingness to Try” (2019). Journal of Nutrition Education and Behaviour. DOI:https://doi.org/10.1016/j.jneb.2019.02.011

Ragazzi e attitudine musicale. Quanto aiuta nell’apprendimento delle lingue?

Ragazzi e attitudine musicale. Quanto aiuta nell’apprendimento delle lingue?

Diversi studi hanno dimostrato che le abilità di apprendimento delle lingue straniere sono basate sul ritmo, sul canto e sulla percezione musicale e che l’allenamento musicale migliora l’acquisizione di competenze richieste per l’apprendimento delle lingue straniere. 

Un gruppo di ricerca italiano, a riguardo, ha analizzato l’ipotesi che vi possa essere una relazione tra attitudine musicale e capacità di apprendimento delle lingue straniere. 

Sono stati quindi reclutati 502 studenti di una scuola secondaria (10-14 anni) che frequentavano sia corsi tradizionali (due ore settimanali di lezioni di musica) che corsi speciali di sei ore settimanali. Per l’analisi statistica i ricercatori  hanno considerato i voti in inglese, francese e musica.

Quanto è importante la musica per il linguaggio e per l’apprendimento di lingue straniere?

Gli aspetti neurofisiologici legati alla percezione della musica sono stati oggetto di importanti studi nel corso degli anni. Indagini interessanti hanno esaminato la correlazione tra componenti linguistiche e musicali. Secondo questi studi, la musica può essere considerata l’equivalente del linguaggio. In effetti, è stato dimostrato che la lingua e la musica condividono alcuni circuiti cerebrali, escludendo così la teoria delle due aree indipendenti: l’emisfero destro per la musica e la sinistra per la lingua. In aggiunta, i modelli patologici di afasia e amusia hanno confermato questi dati neuro-anatomici e fisiologici. 

Inoltre, vi sono studi che indagano il ruolo della musica in specifici disturbi dell’apprendimento, in particolare nella dislessia. Sembra infatti che i pazienti con difficoltà di apprendimento, oltre alle ben note carenze nelle abilità visive-spaziali, presentino un’alterazione nella percezione del ritmo. In questi ragazzi, la formazione musicale può facilitare il raggiungimento di risultati migliori nei test ortografici e di segmentazione fonologica. 

Quali sono i risultati dello studio italiano?

I dati emersi  riportano una correlazione significativa tra i voti nelle due lingue straniere e nella musica, sia nei corsi tradizionali che in quelli speciali.  Questi risultati rafforzano l’ipotesi di una stretta correlazione tra capacità di apprendimento delle lingue e attitudine musicale. 

Gli studenti con predisposizione musicale o esposti a una formazione musicale specifica sembrano avere un maggiore successo nell’apprendimento delle lingue straniere.

Perchè è importante questa ricerca?

Questi risultati, se confermati da ulteriori studi, si dimostreranno utili sia nel campo della ricerca che come reali strumenti di insegnamento. In un contesto clinico infatti la valutazione del ruolo dell’attitudine musicale nelle difficoltà di apprendimento che coinvolgono gli studi di lingua straniera potrà offrire sia uno strumento di test che un aiuto terapeutico concreto.

 

Picciotti P.M., Bussu F., Correlation Between Musical Aptitude and Learning Foreign Languages: An Epidemiological Study in Secondary School Italian Students.(2018) Acta Otorhinolaryngol Ital. 38(1):51-55. doi: 10.14639/0392-100X-1103.

Questione di ritmo. Quanto la musica influenza i nostri acquisti?

Questione di ritmo. Quanto la musica influenza i nostri acquisti?

La musica accompagna molte delle nostre attività quotidiane.

A volte siamo noi a scegliere le playlist da ascoltare in base a quello che stiamo facendo o all’umore del momento. Ma cosa succede quando ci ritroviamo inconsapevolmente in ambienti che, più o meno in sottofondo, ci propongo della musica? Negli ultimi anni sono sempre di più gli studi che provano ad indagare come la musica, nello specifico nei negozi, influisca sulla propensione a spendere.  

A riguardo uno studio della Bocconi con Mcube ha analizzato il ruolo della musica nei negozi.  

In Italia è abbastanza diffuso l’utilizzo della musica e spesso viene considerato come parte integrante del concept store. 

Quali possono essere quindi gli effetti degli stimoli uditivi sul comportamento dei consumatori? 

 

Dallo studio sembrerebbe che trascorrere del tempo in un negozio con della musica piacevole porti a spendere dal 2 al 10% in più. Accade questo per due motivi principali:

  • perché siamo spinti a trascorrere più tempo nello store e ad occupare il tempo comprando;
  • perché se la musica migliora l’umore ha effetti anche sul personale del negozio e lo può portare ad essere più motivato, concentrato e  quindi più portato alla vendita. 

Ovviamente ogni cliente così come ogni addetto vendita ha dei gusti personali ma possiamo rintracciare alcuni elementi comuni legati al ritmo della musica. Sembrerebbe infatti che a condizionare i nostri movimenti e quindi le nostre scelte di acquisto sia proprio il ritmo. 

Musiche lente prolungano il tempo di permanenza del cliente mentre la musica veloce provoca alti livelli di eccitazione spingendo la persona a muoversi in fretta e quindi a concludere la spesa in maniera sbrigativa.  

Questo studio sembra proprio sottolineare l’importanza della dimensione sensoriale quando si tratta di esperienze d’acquisto quindi la musica risulta parte integrante dell’offerta di un negozio e non un semplice elemento d’arredo passivo. 

 

https://mcubeglobal.com/wp-content/uploads/2018/09/RicercaBocconi_musica-in-store_LargoConsumo_M-Cube-2017.pdf

La musica nelle demenze. Il ruolo della musicoterapia

La musica nelle demenze. Il ruolo della musicoterapia

Per migliorare la salute mentale viene utilizzata la musica in differenti contesti terapeutici. La musicoterapia viene infatti utilizzata per casi di depressione, ansia, schizofrenia, disturbi del sonno e anche demenza. Negli ultimi anni la limitata efficacia delle terapie farmacologiche per la cura delle demenze ha comportato  una maggiore attenzione nei confronti dei trattamenti non farmacologici. A riguardo la musicoterapia sembrerebbe agire in modo particolare sui sintomi cognitivi e comportamentali.

Essa viene impiegata in molteplici forme, dall’ascolto ad un coinvolgimento più attivo del paziente. Viene proposta in gruppo ma anche in modalità individuale. 

Un aspetto molto importante è che può essere utilizzata anche con malati ad uno stadio avanzato di malattia in quanto determinate abilità e competenze musicali fondamentali quali l’intonazione, la sincronia, la ritmica sembrerebbero mantenersi intatte più a lungo prima di venir intaccate dal deterioramento cognitivo. 

 

Quali sono i benefici per i sintomi comportamentali? 

La letteratura riporta come la musicoterapia abbia un effetto su una serie di sintomi definiti Bpsd (Behavioural and psychological symptoms of dementia) che includono anche comportamenti aggressivi e forte agitazione. Proporre alle persone affette da demenza un intervento di musicoterapia sembrerebbe esercitare un effetto sui livelli di ansia e di agitazione sperimentata dai pazienti.  La musica in questi casi sembrerebbe agire come un farmaco, come uno stabilizzatore dell’umore, che favorisce anche una migliore interazione sociale della persona. 

 

Quali sono i benefici per i sintomi cognitivi?

Non solo la sfera comportamentale ma anche quella cognitiva trae beneficio da questo tipo di intervento. Le aree cerebrali associate alla memoria musicale sembrerebbero subire un danno minore rispetto ad altre zone associate alla memoria. Pertanto stimolando queste aree si cerca di sollecitare indirettamente anche altre funzioni come il linguaggio. In questo modo il paziente trae beneficio  dall’ascolto e dal canto di canzoni a lui care. Inoltre anche altre funzioni cognitive sarebbero stimolate dalla musicoterapia come la velocità psicomotoria e le funzioni esecutive. 

Utilizzare quindi interventi terapeutici basati sulla musica sembra essere un valido trattamento complementare in grado di apportare miglioramenti non solo sui sintomi comportamentali e cognitivi ma anche sulle relazioni sociali della persona.

 

Gomez Gallego G., Gomez Garcia J.Music therapy and Alzheimer’s disease: Cognitive, psychological, and behavioural effects. (2017) Neurologia. DOI: 10.1016/j.nrl.2015.12.003

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